Chikungunya, una epidemia sulla quale riflettere

Chikungunya, una epidemia sulla quale riflettere

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La chikungunya è una malattia virale, epidemica, trasmessa dalla puntura di zanzare infette caratterizzata da sintomi simili alla influenza. Ai tipici sintomi influenzali si aggiungono però nella chikungunya dolori articolari particolarmente intensi. Il termine chikungunya deriverebbe proprio da questa caratteristica, perchè tradotto significa ” malattia che piega o contorce”. Spesso l’origine geografica delle malattie virali è attribuita al continente africano. Questo continente si presta particolarmente bene ad avvalorare ipotesi piuttosto che dati validati sulla genesi di molte malattie. L’Africa è caratterizzata da sistemi sanitari fragili o assenti, condizione che favorisce una narrazione delle epidemie sui media discutibile nei modi e nella estensione. Secondo il Ministero della Salute italiano la chikungunya entra sul territorio italiano nel 2007 cavalcando la diffusione della zanzara tigre che è il suo principale veicolo di trasmissione. Tuttavia la ricerca medica tende in questi casi a ipotizzare o provare una trasmissione uomo uomo sopratutto tramite sessualità. Nei media la associazione tra sessualità e infezione permette, ben oltre il valore scientifico della affermazione, una particolare risonanza emotiva. Questà emotività caratterizza purtroppo le epidemie dalla notte dei tempi fino ad arrivare a giorni nostri.

In realtà il virus della chikungunya oltre che in Africa, è altrettanto presente nelle isole caraibiche, nelle isole dell’oceano Indiano e nel Sud Est asiatico.  La malattia si manifesta dopo una incubazione  di 2-4 giorni  e procede  con un  andamento bifasico. Nella prima fase si osservano  febbre, cefalea e importanti artralgie. La febbre si risolve dopo 4 giorni . Dopo una breve latenza inizia la  seconda fase  della malattia caratterizzata dalla comparsa di un esantema e dalla ricomparsa della febbre.  Se non si subentrano complicanze,  possibili in alcuni pazienti, la malattia si risolve spontaneamente, ma i dolori articolari possono persistere molto a lungo. La diagnosi è sierologica con una metodica di emoagglutinazione indiretta o con metodica ELISA. La terapia è sintomatica, ma esisterebbe un vaccino. La profilassi nella chikungunya si estrinseca come lotta alle zanzare  e con un controllo delle acque stagnanti, allo scopo di ucciderne le larve.

Si osserva come le epidemie siano descritte sui media attraverso strutture narrative ripetitive:
 
1. L’agente infettante è un virus ” cattivo”
2. Nella origine della epidemia è implicata l’Africa
3. Si ipotizza o si afferma una trasmissione sessuale
4. La possibile terapia è passiva o ricevuta dal malato
5. L’emotività ingenerata dalla epidemia è elevata

La parte di informazione omessa nella narrazione delle epidemie operata dai media, è connessa al valore del sistema immunitario nelle infezioni. Non tutti i potenziali malati infatti si infettano. Esistono pertanto fattori di protezione che meriteribbero di essere implementati da un sistema sanitario attento alla salute dei popoli. Per quanto riguarda questi fattori di protezione si osservano dai governi e dai media comportamenti almeno distratti. Certamente uno stile di vita naturale, il rispetto per l’ambiente, un alimentazione sana e un habitat sociale senza eccessive sollecitazioni stressogene, sono parte di una possibile elevazione immunitaria del singolo utile nei confronti di molti eventi clinici. Anche nella ricerca di principi attivi nella terapia occorre valorizzare ciò che implementa la salute. Concentrare la attenzione esclusivamente sull’agente infettante e sulla sua eradicazione è una possibilità logica certamente lecita, ma anche fuorviante quando non consentisse contestualmente altri approcci alla tema salute.